Logbook

Approfondimenti, interviste, recensioni e cultura: il meglio dell’editoria e delle arti da leggere, guardare e ascoltare.

Decapitani
1 Aprile 2017

Elio De Capitani, ritratto d’artista

Diego Vincenti, «Hystrio», XXX-2

Dieci anni d’artista. Dieci anni di un Elio De Capitani d’America. È questo il frammento di carriera (e di vita) su cui si sofferma lo sguardo di Laura Mariani, non nuova nel raccontare di grandi attori e delle loro quotidiane sfide. In un approccio che da tempo unisce meticolosità accademica e piacevolezza di lettura. Meno male.

E infatti scivolano veloci questi dieci anni che si aprono con il Berlusconi de Il Caimano. Scelta arbitraria. Ma condivisibile. Rappresentando Nanni Moretti un evidente punto di svolta nel percorso artistico di De Capitani. Era il 2006. Se si pensa che nel 2010 apre la nuova sede dell’Elfo Puccini e in mezzo ci stanno i due capitoli di Angels in America di Tony Kushner, si può immaginare che siano state annate piuttosto complesse… Dalla sua interpretazione dell’orrido Roy Cohn, l’avvocato anticomunista morto di AIDS, si apre il percorso americano in senso stretto. Che prosegue con l’altrettanto insopportabile Richard Nixon, messo in difficoltà dal conduttore televisivo David Frost (grande ‘duello’ attoriale con Ferdinando Bruni), per concludersi con Willy Loman, intensissimo commesso viaggiatore. Tre ruoli più uno. Tre occasioni per parlare di sé stesso, del proprio lavoro, del mestiere del teatro. Tre figure emblematiche dalle quali estrarre un’idea d’America. E pazienza per le altre ramificazioni di questo decennio. Riflessione d’ampio respiro. Ma che forse rimane come marginale di fronte alla curiosità di un De Capitani in bilico fra arte e vita.

Si rincorrono successi, dubbi, problemi, soluzioni, aneddoti. E così appare quasi fuorviante il titolo, per quello che rimane prima di tutto un corposo ritratto d’artista. D’attore. In cui ci s’incunea consapevoli di sacrificare nella scelta quella coralità che da tempo è aspetto peculiare (e preponderante) del Teatro dell’Elfo. Non a caso la Mariani sceglie in premessa di specificare dove si possono reperire informazioni sul percorso storico della compagnia. Un attimo prima di lanciarsi nel racconto individuale di una delle figure più carismatiche della scena contemporanea. A chiudere il volume, un’ampia intervista, immagini, biblio e sitografia.

Biomeccanic
1 Aprile 2017

Sotto il segno della Biomeccanica

Giuseppe Liotta, «Hystrio», XXX-2

Dalla collana I libri bianchi della Ubulibri del 1993 torna oggi in libreria per la Cue Press L’attore biomeccanico che si avvale di una doppia introduzione: la prima, del curatore Fausto Malcovati, ci invita a leggere il volume non dal primo capitolo ma dall’Appendice che, dell’attività pedagogica svolta nello Studio di via Borodinskaja (1913-17), diretto da Mejerchol’d, ci offre illuminanti e decisivi materiali didattici; la seconda, più decisamente storica e documentale, di Nicolaj Pesocinskij, il maggiore studioso russo del regista fucilato nel 1940.

Se tutto il Novecento teatrale ha avuto come Maestro indiscusso Stanislavskij, questo inizio di terzo millennio nasce sotto il segno dell’inventore della biomeccanica, una pratica dell’arte scenica che, felicemente, Malcovati definisce «formazione in grande stile dell’attore. Ma anche attore in grande stile». Infatti è l’attore il centro del suo interesse teatrale; ma, diversamente da Stanislavskij che concentrava il suo ‘sistema’ su motivazioni di tipo psicologico, Mejerchol’d lavorava essenzialmente sul movimento, sulla ‘scienza del corpo’: è da qui che scaturiscono le emozioni.

Ogni esercizio biomeccanico ha un accompagnamento musicale che serve a ritrovare e scandire un ritmo interiore che servirà all’attore a fare diventare ‘infallibile’ il suo movimento in scena. Non solo attori eccezionali che sanno muoversi, ma soprattutto persone che sanno pensare; corpo e intelletto uniti per sviluppare al massimo le proprie potenzialità recitative. Un processo creativo che parte dal movimento per arrivare alla comunicazione col pubblico attraverso l’emozione e la parola. Training e improvvisazione sono i nuovi strumenti operativi del lavoro dell’attore che sono, poi, alla base di qualsiasi laboratorio di recitazione contemporaneo.

Decapitani
5 Febbraio 2017

De Capitani, l’America e il ritratto d’artista

Anna Bandettini, «la Repubblica»

«La vita di ogni spettacolo si intreccia anche coi fatti di vita e con la quotidianità». Lo scrive a un certo punto Laura Mariani nel libro L’America di Elio De Capitani – edito da Cue Press cui si devono molte interessanti pubblicazioni di teatro ultimamente – il libro che documenta l’esperienza artistica dell’attore e regista, da quasi quarant’anni alla testa della compagnia dell’Elfo e del Teatro Elfo Puccini di Milano.

L’intersezione tra mestiere e vita, arte e realtà è il metodo di lavoro di Laura Mariani, docente di Storia del Teatro all’Università di Bologna, nel delineare i suoi ritratti di artista: cercare l’identità teatrale in questa mescolanza di tracce. Ed è così che vengono fuori riflessioni non banali e non convenzionali, ma anche è così che il risultato diventa un ‘racconto’, spesso anche avvincente, che guida il lettore in un percorso che dal teatro passa alla vita, dall’artista alla biografia.

Era stato scritto seguendo questo metodo il libro del 2012 su Ermanna Montanari, Fare-disfare-rifare (Titivillus): una narrazione che scavava nella vita passata e presente e nella storia artistica recuperandone i fili per orientarsi nella ricca e variegata personalità dell’attrice del Teatro delle Albe. Ora un simile viaggio si percorre con De Capitani e con la sua compagnia, concentrandosi però sul lavoro di costruzione di attore (attore sociale o primario seguendo la definizione dello stesso De Capitani: volutamente né performer, né attore) in particolare per alcune interpretazioni: quelle di Roy Cohn, Richard Nixon, Willy Loman, Mr Berlusconi, che sono anche punti di riferimento delle ultime stagioni del Teatro Elfo Puccini.

Lungo e approfondito il lavoro di riflessione che il libro sviluppa soprattutto su Angels in America di Tom Kushner, di cui si documentano la preparazione, le prove, i pensieri e i dubbi, le empatie e le idiosincrasie che man mano nascevano entrando nell’anima dei personaggi. La grande epopea sugli Usa anni Ottanta devastati dall’Aids, che tanto ricorda la cupa America di oggi, trovava in particolare nella figura di Roy Cohn, politico aggressivo, corrotto, reazionario, ipocrita, così simile a certi aspetti della nuova presidenza americana, un’espressione dei propri fallimenti e insieme diventava lo specchio per un’altra figura politica per noi importante, il più ‘contenuto’ Berlusconi del film di Nanni Moretti Il Caimano, altra interpretazione notevole di De Capitani. Interessante anzi confrontare le pagine dedicate alle prove fatte per entrambi i personaggi. Ma la costruzione del personaggio che diventa il ‘simbolo’ di un contesto storico e politico, trova un compimento anche esteticamente forte nel Willy Loman di Morte di un commesso viaggiatore, una delle più belle interpretazioni di De Capitani, il ‘caso’ che più esemplifica la ricerca di cosa sia intrecciare mestiere, tradizione, attenzione per la drammaturgia, lavoro sul testo, assunzione del personaggio. E di come tutto questo, nel caso di De Capitani, diventi tensione umana e morale.

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August strindberg (1)
7 Gennaio 2017

August Strindberg. Riflessioni sull’uomo in scena

Mattia Mantovani, «La Provincia»

Tra i grandi drammaturghi che hanno lasciato davvero un segno indelebile, August Strindberg è stato con ogni probabilità colui che più di ogni altro ha scritto non solo teatro ma anche sul teatro, interrogandosi senza sosta sul significato della messa in scena e sulle modalità in virtù delle quali il teatro può davvero farsi specchio della società e dei motivi di fondo della condizione umana. Ecco perché i suoi Scritti sul teatro, curati dallo scandinavista Franco Perrelli e proposti per la prima volta nella loro interezza in versione italiana dalla giovane e coraggiosa casa editrice Cue Press di Mattia Visani, sono davvero uno strumento fondamentale e pressoché imprescindibile per capire meglio, alla luce dei fondamenti teorici, la ricchissima e differenziata drammaturgia dello stesso Strindberg, che dagli esordi apparentemente improntati al Naturalismo approdò infine al cosiddetto ‘teatro intimo’ passando per i drammi onirici. Il volume in questione riprende e amplia un libro curato trent’anni fa dallo stesso Perrelli per l’editore Olschki, Sul dramma moderno e il teatro moderno.

Testi imprescindibili

Gli scritti teatrali di Strindberg sono inoltre imprescindibili anche per capire le correnti di fondo di tutto il teatro del Novecento, in un percorso che parte idealmente dal Théâtre de la Cruauté di Artaud e dalle prime avanguardie e giunge fino al teatro dell’assurdo, al Living Theatre, Grotowski e perfino oltre, perché le considerazioni di Strindberg sono importanti oggi più che mai per farsi un’idea di quali possano essere gli spazi di sopravvivenza dell’espressione teatrale in un’epoca in cui l’idea stessa di spettacolo e di rappresentazione ha invaso tutti gli ambiti della vita, in una specie di ininterrotto reality show dove non è più possibile individuare (semmai ancora esiste) il confine tra realtà e finzione, tragedia e commedia.

Nato nel 1849 a Stoccolma e morto sempre nella capitale svedese nel 1912, ma ‘ottocentesco’ solo per quanto riguarda il primo estremo biografico, Strindberg ha regalato alla storia del teatro opere come La Signorina Giulia, Il sogno, Danza macabra, Verso Damasco e Sonata di spettri, che hanno riscritto e riposizionato i confini e gli ambiti dell’espressione teatrale, ma anche la percezione che l’essere umano ha di sé stesso, molto prima che la psicanalisi e la letteratura della crisi, nei primi decenni del Novecento, mostrassero fino a che punto l’Io umanistico fosse in ultima analisi una mera entità volatile e provvisoria, un’anarchia di atomi priva di un centro e di un ordine.

Lotta tra cervelli

Già nel saggio Omicidio psichico del 1885, che prende spunto da Casa Rosmer del suo odiamato modello Ibsen, sono presenti talune acutissime considerazioni che ruotano attorno all’idea della lotta tra cervelli come dato primario e ineludibile dell’esistenza: «Anche se l’educazione – osserva Strindberg – ha reso l’uomo umano, essa altro non appare che un labile schermo che può appunto venir meno come una labile copertura di fronte alle più travolgenti passioni. No, gli abissi non sono così profondi».

Il tono diventa addirittura profetico nel momento in cui Strindberg allarga le proprie considerazioni alla sfera pubblica e quindi a dimensioni più ampie della commedia umana: «La lotta per il potere si è sviluppata poco a poco dal piano puramente fisico (con prigione, torture, uccisioni) fino a quello psichico ma, per ciò, non meno crudele; i tiranni in passato governavano con la forza dei muscoli, delle spade, oggi invece dominano maggioranze (o minoranze) con l’aiuto della stampa e delle schede elettorali».

In questo e in altri scritti, non solo saggistici, ma anche narrativi, Strindberg ha tracciato a chiare linee l’immagine di una società futura apparentemente libera e democratica, ma in realtà costituita da una massa informe di eterodiretti, alienati e istupiditi da un finto o comunque malinteso benessere. È anche per questo motivo che ancora oggi la sua nazione d’origine, la Svezia progressista e socialdemocratica, modello di welfare e tenore di vita, fa molta fatica a celebrarlo come il proprio massimo scrittore. Per non dimenticare, poi, la leggenda secondo la quale Strindberg sarebbe stato un pazzoide misogino e blasfemo. Basterebbe leggere con attenzione le sue opere per capire che la verità vera è ben diversa, più sfaccettata e molto più difficile da accettare.

Il nucleo centrale degli scritti sul teatro, oltre che nel ricchissimo saggio Sul dramma moderno e il teatro moderno del 1889, è contenuto nella celeberrima prefazione a La Signorina Giulia del 1888, qui presentata nella sua versione integrale, dove Strindberg esprime a fondo e con estrema chiarezza quella che da allora in poi diventerà la sua poetica e farà da perno anche a stagioni creative posteriori, i drammi onirici, situabili intorno al volgere del secolo, e il teatro intimo degli ultimi anni di vita.

Carattere senza carattere

L’essere umano, secondo Strindberg, che in questo prende decisamente le distanze dal teatro che lo ha preceduto, è un carattere senza carattere, e la vita nel suo insieme è come un’enorme suggestione in stato di veglia: «Le mie anime (caratteri) sono conglomerati di stadi culturali passati e attuali, stralci di libri e giornali, frammenti d’umanità, sbrendoli di abiti festivi fattisi cenci, proprio come è assemblata l’anima».

Tutti i personaggi di Strindberg, a partire dalla signorina Giulia e dal servo Jean, sono precisamente caratteri senza carattere, smarriti e imprigionati in un’eterna lotta di cervelli, senza scopo e senza senso al di là della semplice sopravvivenza o al massimo della sopraffazione. Il che farà dire alla figlia del dio Indra ne Il sogno: «Che pena, gli uomini».

Infinite variazioni

Ma accanto alla poetica in senso stretto, questi scritti sul teatro, come ad esempio il Memorandum per i membri del Teatro Intimo del 1907-08 e i tardi scritti su Shakespeare e Goethe, contengono anche preziosi e minuti suggerimenti tecnici sulla scenografia, i tempi e i modi della recitazione, la maniera di scandire le parole, la postura, le entrare e le uscite.

Il teatro di regia, marchio distintivo del Novecento, nasce proprio qui, in queste pagine, dove compare per la prima volta un nuovo tipo antropologico che proprio il teatro di regia rappresenterà e declinerà in infinite variazioni.

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31 Dicembre 2016

«Arriva l’anno della svolta. Noi conquisteremo il digitale»

Cesare Sughi, «il Resto del Carlino»

Allinea numeri da navigato imprenditore, senza eccessi di enfasi o di autocompiacimento «Abbiamo già una produzione di 30, 40 titoli all’anno. Ma stiamo già lavorando per salire a 100». Dalla fine del 2012 – primo volume La danza e l’agitprop di Eugenia Casini Ropa – Mattia Visani è alla testa di una casa editrice di teatro, che è nata e cresce a Imola e si identifica già nel nome. «Ci chiamiamo Cue perché la parola, in inglese, indica la battuta in palcoscenico, o meglio l’imbeccata, l’inizio di un dialogo. Un termine adatto per noi».

Ma Imola, per quanto dinamica, non è svantaggiata rispetto a chi fa editoria a Roma o Milano?

Credo che la nostra scelta di lavorare e diffonderci attraverso la rete superi il problema dell’eventuale localismo. Vorrei dire che noi ci delocalizziamo, passiamo tutti i confini proprio grazie alle tecnologie e all’impiego di contenuti mai provinciali.

La comunità imolese come ha accolto la vostra nascita?

Sostenendoci e continuando a farlo, con il fondo strategico del Comune, della Banca di Imola e del Con.Ami, il consorzio multiservizi intercomunale. Poi, nel 2015, da associazione culturale siamo riusciti a trasformarci in una Srl. L’anno scorso la nostra startup si è classificata tra le 10 migliori dell’Emilia-Romagna. Anche la recente assegnazione del Premio Hystrio ha tenuto conto delle nostre capacità aziendali.

Tutto questo per passione?

Mi sono laureato in Lettere a Bologna con una tesi sul teatro di Randisi e Vetrano, pubblicata dalla Ubulibri che di lì a poco ha chiuso. Certo la passione per il teatro è dentro di me. Ma nel mio progetto la qualità si sposa con la visione imprenditoriale.

Quanti siete a Cue Press?

Quattro o cinque persone, tra interni e collaboratori esterni.

E quali sono i settori del catalogo?

La saggistica, senza distinzione tra passato e presente. Ci stiamo già allargando al cinema e alle arti figurative.

I libri sul teatro hanno un pubblico?

Sinceramente, dopo la fine di Ubulibri sarei curioso di sapere chi sono gli altri editori del settore, se ci sono. Sì, i lettori rispondono, purché chi pubblica sia capace di staccarli dalle trappole della televisione e della playstation. Preciso solo che i libri come quelli su cui puntiamo hanno lo scopo di fornire al lettore alcuni materiali o un tipo di intervento in grado di allargare il contesto di una semplice visione ‘così com’è’ di uno spettacolo.

Che 2017 vede per la sua attività?

Una svolta fondamentale. Abbiamo già pronta una piattaforma digitale che tra pochi mesi diventerà attiva. È uno strumento di livello europeo. Si potrebbe dire che Cue Press si sdoppia in due anime strettamente collegate, la dimensione informatica e il canale del cartaceo. È una prospettiva che mi entusiasma.

Qualche titolo di prossima uscita?

Finalmente porteremo in Italia Il teatro postdrammatico di Hans-Thies Lehmann. Pubblicheremo Elogio del disordine, del grande Louis Jouvet, una serie di riflessioni sull’arte dell’attore, da cui è nato Elvira, interpretato da Toni Servillo a ottobre per l’apertura del Piccolo Teatro. Di Paul MacDonald uscirà Hollywood Film Industry. Abbiamo anche alle viste una collana di guide sulla storia dello spettacolo e una serie sui teatri nazionali europei diretta dal professor De Marinis.
Il quale, accanto a Cruciani, a Malcovati, a Lombardi, a Marotti, a Ruffini, a Martinelli e altri ancora è uno dei componenti della squadra titolare di Cue Press. Il teatro non si fa da soli. Neanche sui libri.

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17 Dicembre 2016

Il teatro si mette in rete

Antonio Tedesco, «Proscenio», I-6

Ci vuole coraggio, un guizzo di genio e un briciolo di incoscienza. E può succedere che la forma più nobile e antica di comunicazione-rappresentazione si sposi con quella più moderna e avanzata di pubblicazione-diffusione. E che il matrimonio non solo riesca splendidamente, ma apra anche nuove prospettive e spalanchi inediti orizzonti. Si sa che il teatro è inviso agli editori quasi quanto la poesia. Un settore di nicchia giocoforza emarginato anche dai librai. Così Cue Press e il suo ideatore Mattia Visani, hanno aggirato l’ostacolo, anzi l’hanno saltato, spostando tutto sul web. E riscuotendo consensi e riconoscimenti importanti, ultimo dei quali il Premio Hystrio 2016.

Il principio è semplice, se il mercato non assorbe (anche per sue proprie perversioni) i costi di produzione cartacea per questo tipo di editoria, si ricorre all’ebook e alla stampa on demand che, come è noto, consentono di contenere al minimo le spese. Si rendono così disponibili testi che l’editoria tradizionale, oggi, non si sognerebbe nemmeno di pubblicare. Parliamo di importante saggistica teatrale, riferita soprattutto al teatro del Novecento, e di testi di nuovi autori italiani ed europei, spesso già rappresentati, o in corso di rappresentazione, ma che troverebbero difficoltà a essere pubblicati secondo i canali classici dell’editoria.

È grazie a quest’idea che (tra le oltre 50 pubblicazioni realizzate dal 2012 – anno di fondazione di Cue Press – a oggi) è tornato disponibile un testo come Al limite del teatro di Marco De Marinis (pubblicato per la prima volta circa trent’anni fa), arricchito ora da un’acuta prefazione di Moni Ovadia. Il testo è una cronaca, spesso in presa diretta, e un’analisi delle esperienze vissute da alcune ‘frange estreme’ che operarono in ambito teatrale in anni altrettanto ‘estremi’ che l’autore racchiude in un periodo che va dal 1968 al 1977. Anni di grandi sommovimenti sociali e ideologici che ingenerarono in alcuni artisti scelte di vita radicali, totalizzanti; un teatro che andava oltre il consueto e l’ordinario, giungendo in alcuni casi ai limiti di una vera e propria mistica della rappresentazione. Si parla qui di personaggi come Grotowski, Eugenio Barba e l’Odin Teatret, di Giuliano Scabia, del Living Theatre, di Peter Brook.

Un teatro che non faceva sconti e non rassicurava. Che spogliava scena e attori per arrivare all’anima nuda, e a volte urlante, dell’esperienza umana. De Marinis analizza con una serie di saggi, scritti proprio a ridosso degli avvenimenti, i protagonisti di questa febbrile stagione e le nuove forme di teatro che da essi si generarono. Un movimento parallelo e complementare a quello politico-sociale di quegli anni. Un fuoco che avrebbe dovuto bruciare il vecchio e invece si è consumato da solo con una rapida fiammata. Ma non senza lasciare tracce. Che ancora oggi ci parlano, ci chiamano a un confronto per capire dove potevamo essere e dove invece abbiamo lasciato che ci trascinassero.

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8 Dicembre 2016

Intervista a Mattia Visani: com’è nata la Cue Press

Cristina Catanese, «Tropismi»

Un giorno di pioggia del marzo 2016, a Imola, ho conosciuto Mattia Visani, il fondatore della casa editrice Cue Press (vincitrice del Premio Hystrio, ventiseiesima edizione, anno 2016) che si occupa di letteratura teatrale, cinematografica… e non solo. Lo ringrazio per questa preziosa intervista.

Ciao Mattia, intanto, ti chiederei di raccontarci qualcosa di te, di cosa ti sei occupato prima della nascita di Cue Press.

Di teatro. Quella che mi ha portato all’editoria per le arti dello spettacolo è una passione che mi ha accompagnato fin da ragazzo quando, durante i miei studi di lettere, ho deciso di iscrivermi alla scuola del Teatro Stabile di Torino. I primi passi all’interno del mondo dello spettacolo, quindi, li ho mossi nel suo cuore pulsante: sul palcoscenico; prima come attore, poi anche con un’attenzione alla regia. In seguito ho iniziato a scrivere testi di critica teatrale per riviste di settore, finché sono arrivato, nel 2011, alla pubblicazione di uno studio personale con Ubulibri.

Come e quando è nata l’idea di fondare Cue Press?

L’idea di fondare Cue Press è nata proprio al termine dell’esperienza con Ubulibri, che ha cessato l’attività proprio quell’anno. Si perdeva, così, il punto di riferimento dell’editoria dello spettacolo, attorno al quale negli anni si sono raccolti i più importanti e prestigiosi interpreti della scena italiana. Cue Press ha voluto rilanciare questa sfida. L’editoria dello spettacolo doveva muoversi su altri binari per poter arrivare ai propri lettori e assicurarsi ugualmente una sostenibilità sul mercato. Mettere in connessione le nuove possibilità tecnologiche legate all’editoria e alla multimedialità con il mondo del teatro sembrava essere l’unico modo per rivitalizzare questa nicchia editoriale così esigente. Da questo punto di partenza, Cue Press ha potuto contare sull’impegno e la determinazione di una variegata tipologia di appassionati: drammaturghi, studiosi, professori universitari e studenti, che, ognuno nel suo modo, ha reso possibile questa sfida.

Cue in inglese significa battuta d’entrata. Voi vi occupate di testi sia teatrali sia di saggistica riguardante il teatro e il cinema. Com’è oggi l’editoria teatrale? E quella cinematografica? Inoltre, quali sono le vostre collane?

Dall’inizio abbiamo deciso di rivolgerci verso quelle che sono comunemente definite nicchie editoriali. Sentivamo il bisogno di andarle a tirar via da quell’angolino in cui stavano sparendo, e per farlo dovevamo ripensare al concetto di nicchia. L’editoria dello spettacolo, in particolare riferimento a quella teatrale, ha un pubblico esiguo, composto da poche migliaia di unità sparse di qua e di là per l’Italia, accomunate, però, da una passione indiscutibile e riconoscibile per tutto ciò che è teatro. Pensare di rivolgersi a loro secondo le tradizionali modalità editoriali è impossibile, oltre che insostenibile economicamente. Quello che stiamo cercando di fare è creare un punto di riferimento affidabile per questa sorta di community, in modo che essa possa contare su un’offerta editoriale di qualità e sempre più stimolante. Per quanto riguarda il cinema, invece, il discorso è un po’ diverso, ma non troppo. Potenzialmente l’editoria cinematografica sarebbe in grado di raggiungere una fascia di appassionati molto più estesa: contando sullo stesso zoccolo duro degli studiosi e dei professionisti del settore, si va ad aggiungere un numero indefinito di interessati su livelli diversi. Anche l’offerta editoriale è complessivamente più ricca e strutturata. Dal nostro punto di vista, guardiamo all’editoria cinematografica con la stessa intransigenza dal punto di vista qualitativo di tutte le nostre edizioni, cercando di andare a proporre e riproporre alcuni testi di assoluto valore culturale, accompagnati da qualche novità interessante per questo tipo di editoria. Per quanto riguarda le collane in cui articoliamo la nostra proposta, ci muoviamo sostanzialmente in tre direzioni.
I Saggi, con cui andiamo a recuperare, ripubblicandoli, le pietre miliari della storia degli studi teatrali. Nel nostro catalogo vantiamo l’espressione più alta della ricerca dell’arte scenica, dalle regie di Stanislavskij, agli scritti sul proprio teatro di Edward Gordon Craig e Strindberg, o ancora ai saggi di Cesare Molinari, di Meldolesi e così via, che rappresentano per noi un grande tesoro da custodire e condividere. Davvero citare solo alcuni dei nostri autori sarebbe fare torto agli altri, tale è il valore delle nostre firme.
I Testi, in cui vanno a raccogliersi tutte le drammaturgie dei più interessanti autori di teatro della scena contemporanea. È la parte più vivace e dinamica del nostro catalogo, attraverso cui puntiamo a raccontare e a far conoscere la realtà della drammaturgia attuale e il suo modo di rispondere anche agli eventi più attuali. Abbiamo l’onore di ospitare in questa collana i testi di alcuni dei più innovativi e riconosciuti drammaturghi italiani, oltre che di grandi autori internazionali come Pascal Rambert, Rafael Spregelburd e John Logan.
Gli Artisti, che rappresenta il luogo in cui si concretizzano le visioni teatrali di alcuni dei più autentici artisti del mondo dello spettacolo contemporaneo. Emerge, da questi testi, un ritratto dello stato attuale dell’arte drammatica effettuato in prima persona da chi ne è protagonista. Parallelamente a queste linee editoriali su cui si fonda Cue Press, ci sono ancora due collane di cui siamo orgogliosi. La prima è un progetto che offre guide turistiche teatrali.
Con le Guide, proponiamo manuali pratici per orientarsi nel mondo e nella storia del teatro e dello spettacolo (insieme a una serie diretta da Porcheddu delle guide turistico-teatrali dei tour di alcune delle più importanti città del mondo che abbiano come oggetti di interesse i teatri, luoghi fisici che nascondono dentro di sé la stratificazione della vita culturale di un’intera città); ci sarà una serie diretta da Marco De Marinis sulla storia dei teatri nazionali d’Europa, un volume di Savarese-Blasi che raccoglie una mappa di tutti i teatri antichi esistenti, infine 50 passi nel mondo del cinema a cura di Giacomo Manzoli. Una collana sempre più ricca e affascinante.
Per ultimo, c’è uno spazio riservato a Edizioni Speciali che ospitano un punto di vista ancora diverso su alcuni eventi particolari, come le celebrazioni per i dieci anni del Pim Off, con cui vogliamo sottolineare esperienze teatrali degne di menzione.

La tua casa editrice ha come obiettivo anche una ribalta digitale. L’e-book è più gettonato del cartaceo?

Tra poco più di un mese presenteremo la nostra nuova piattaforma di editoria digitale, uno strumento all’avanguardia: niente dello stesso livello è stato realizzato finora in Italia, nel campo dell’editoria. Sarà una grande novità. Una piattaforma multimediale e multilingue per offrire un’esperienza di lettura di alta qualità. La stessa identica cura e attenzione la mettiamo nei libri di carta che produciamo. E la qualità dei nostri manufatti è sempre molto apprezzata. È importante muoversi parallelamente su entrambi i binari, per andare incontro a un pubblico vario e stare al passo coi tempi. Da qualche anno in America le vendite di e-book hanno già superato quelle del cartaceo. Tendenza che, più lentamente, si sta confermando anche nel Vecchio Continente, dove i lettori digitali sono in continua crescita. A favorire ciò, oltre all’interesse dei colossi dell’e-commerce come Amazon e delle più grandi case editrici, ci sono le possibilità che il digitale ha permesso al mondo del libro, che per tradizione non è il settore più disposto all’innovazione. Il digitale ha permesso di aumentare l’esperienza della lettura che, da un lato, può continuare a contare sull’anima imprescindibile di un libro: il testo; dall’altro può avvalersi di strumenti di supporto e di approfondimento alla lettura stessa che permettono di spaziare in tempo reale su contenuti affini, ricerche specifiche e testimonianze multimediali. In questa direzione, già da qualche anno abbiamo lanciato Siamo asini o pedanti? di Marco Martinelli, che ha rappresentato il nostro primo libro multimediale, in cui i testi scritti nel 1989 dall’autore ravennate sono stati affiancati da una serie di video inediti che, scorrendo di pari passo alle pagine dell’ebook, ne hanno testimoniato la vita dell’azione teatrale nel corso degli anni. Da questo punto di vista, l’editoria teatrale, con la sua necessità di aggrapparsi alla parte più concreta dell’esperienza teatrale, ne risulta profondamente rivitalizzata.

Quali testi e quali manuali consiglieresti a persone poco esperte di teatro per approcciarsi al genere?

Beh, i libri di Cue Press!

Quali sono le prossime uscite edite Cue Press che consigli ai lettori?

A primavera esce Il teatro postdrammatico di Lehmann!

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7 Dicembre 2016

Bando StartUp Innovative

Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale, inserisce la casa editrice tra le dieci migliori startup dell’Emilia Romagna

Il Bando Startup (fase attrazione), promosso dalla Regione Emilia Romagna e finanziato dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (Por Fesr 2014-20), mira ad attrarre startup innovative, sia nazionali che internazionali, interessate a stabilirsi nella regione.

L’obiettivo è favorire lo sviluppo economico locale attraverso progetti di alto valore tecnologico e innovativo, incentivando la creazione di nuovi prodotti, servizi o processi e promuovendo l’integrazione con il sistema produttivo e della ricerca del territorio.

Il bando offre contributi a fondo perduto e l’accesso a una rete di competenze locali, con particolare attenzione a settori strategici come il digitale, la sostenibilità e la salute, per consolidare l’Emilia Romagna come un hub di riferimento per l’innovazione in Europa.

Cue Press si distingue tra le startup partecipanti, entrando in graduatoria tra le dieci migliori e aggiudicandosi la vittoria nel bando.

Questo riconoscimento premia l’impegno della casa editrice nell’innovazione dell’editoria digitale e rappresenta un ulteriore passo avanti nella sua missione di rendere la cultura e la conoscenza sempre più accessibili a livello globale.

Un risultato significativo, reso possibile grazie alla qualità del progetto e al sostegno della Regione Emilia Romagna, che consolida Cue Press come realtà di riferimento nel panorama editoriale.

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7 Dicembre 2016

Le dieci migliori startup dell’Emilia-Romagna

Dalle fresatrici dentali alla realtà aumentata passando per la prevenzione dell’ambiente. La Regione Emilia-Romagna premia le migliori startup fra Piacenza e Rimini. Il bando, che rientra nel quadro del Programma operativo regionale Fesr 2014-2020, ha visto partecipare 152 imprese innovative: 30 di queste sono state ritenute ammissibili per il finanziamento, per un totale di 2.743.000 euro messi a disposizione dalla Regione. Questo terzo stralcio si somma alle risorse già attribuite nei primi mesi del 2016, che hanno interessato altre 24 aziende e portano il finanziamento complessivo a 5,4 milioni di euro. Molto soddisfatta l’assessore regionale alle attività produttive Palma Costi: «L’alta partecipazione al bando è la dimostrazione che, soprattutto tra i giovani, c’è voglia di contribuire alla crescita del tessuto imprenditoriale e della nostra economia. Oltre a cercare il lavoro i giovani creano il lavoro».

In Emilia-Romagna l’11,5% delle startup innovative in Italia

Il dato conferma la buona presenza di imprese innovative in Emilia-Romagna: al 31 marzo 2016 le startup iscritte alla sezione speciale del Registro delle imprese erano 5.439 (+296 unità, pari al 5,8% di fine 2015), con 21.118 soci e 6.524 dipendenti. Numeri che dimostrano la solidità della nuova imprenditoria regionale, seconda solo alla Lombardia nello scenario nazionale. A Milano e dintorni infatti hanno sede il 21,8% delle startup italiane, mentre in Emilia-Romagna sono l’11,5% del totale.

Tante startup, ma di cosa si occupano?

Molto spesso non si riesce a definire bene l’ambito di attività delle nuove imprese innovative. Sappiamo che il 72% di quelle registrate in Emilia-Romagna si occupano di servizi alle imprese (fra cui dominano la consulenza informatica e la realizzazione di software – 30%, e la ricerca e sviluppo – 15,1%), mentre il 18,8% nel manifatturiero e il 4,2% nel commercio. Abbiamo deciso quindi di raccontare quali sono le attività portate avanti dalle aziende beneficiarie dei finanziamenti 2016, indicando il territorio di provenienza, il settore in cui sono attive e i prodotti che offrono al mercato. […]

Software, ricerca e tecnologia: i punti di forza delle imprese innovative

Fra queste, Cue Press, la startup che porta avanti la pubblicazione di libri digitali, ebook e cartacei (con stampa digitale on demand), attraverso un approccio multimediale e multidisciplinare, con un focus sull’arte e la letteratura. I testi sono offerti in formato ePub, Pdf, Mobi per Kindle e cartaceo – su richiesta e in consegna entro 5 giorni lavorativi. La distribuzione avviene in più di 50 paesi del mondo.

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